domenica 2 agosto 2009

TEMPO DI GLOBAL BEACH

TEMPO DI GLOBAL BEACH
(Orsola Casagrande, Venezia)

Dal primo al 13 settembre il Lido di Venezia non sarà solo sinonimo di Mostra del Cinema: quest'anno ritorna la «spiaggia occupata». È stato confermato ieri dopo un blitz degli attivisti veneziani alla conferenza stampa nazionale della Biennale
E Global Beach sarà. Con un annuncio movimentato e a sorpresa ieri è stato confermato che Global Beach 2009 si farà. Un gruppo di attivisti veneziani si sono fatti ascoltare sul palco dell'Excelsior di Via Veneto, dove il presidente della Biennale Paolo Baratta e il direttore della mostra del cinema Marco Muller stavano per presentare il prossimo festival del cinema. «Nel tempo della crisi - ha detto Gaia - e dell'attacco governativo a cultura, spettacolo, ricerca e formazione, di cui il previsto taglio al FUS (Fondo unico per lo spettacolo, ndr) è solo l'ultimo pesantissimo esempio, noi abbiamo deciso di mettere a disposizione lo spazio di Global Beach a tutte le componenti dello spettacolo che si stanno mobilitando in queste settimane, ai precari della cultura e della formazione, agli studenti per costruire insieme una nuova soggettività capace di creare mobilitazione e progettualità e che sappia appropriarsi del grande palcoscenico della mostra del cinema».
Dunque sarà Global Beach dal primo al 13 settembre. Global Beach è una spiaggia di proprietà del demanio militare, abbandonata al degrado da quindici anni, che dal 2004 viene temporaneamente occupata nel periodo della mostra del cinema. «Nel tempo della crisi e dell'attacco governativo a cultura, spettacolo, ricerca e formazione, - si legge nell'appello pubblicato ieri su Global Project - la nostra ambizione è che Global Beach possa trasformarsi in un'occasione unica di incontro, confronto e mobilitazione di esperienze tra loro differenti, ma, allo stesso tempo, capaci di connettersi in una logica di potenza e innovazione. Stiamo parlando di esperienze quali l'Onda Anomala studentesca, il movimento dei lavoratori dello spettacolo che sta contestando i tagli al FUS e che ha già indicato la mostra del cinema come appuntamento chiave e la galassia dei lavoratori precari delle grandi istituzioni culturali veneziane, tra i quali gli "interinali" della Biennale che, domenica 26 luglio, hanno dato vita per la prima volta ad un partecipatissimo sciopero proprio di fronte ai cancelli dell'esposizione».
Global Beach non sarà, solamente, la possibilità di poter campeggiare a prezzi economici in un Lido inaccessibile ai più, «lo spazio dove respirare un clima diverso rispetto alla patinata superficie della kermesse ufficiale o dove partecipare ad iniziative culturali indipendenti e di qualità». Del resto la storia veneziana degli ultimi danni è stata profondamente segnata da una strategia informale di sviluppo legata all'investimento sulla cultura contemporanea. Una strategia che ha messo in circolo investimenti ingentissimi e che ha coinvolto soggetti pubblici, privati, nazionali e internazionali.
Il FUS è solo l'ultimo pesantissimo esempio, ma lo stesso bilancio della Fondazione Biennale subirà nel 2009 un taglio di tre milioni di euro nei trasferimenti dello stato. E questi tagli vanno ad aggravare un sistema che, a dispetto dei milioni e milioni di euro messi in circolo, si basava già su di una precarizzazione selvaggia del lavoro vivo culturale.
Global Beach rientra nell'intervento sulla città e in laguna a partire da case e spazi occupati, dai quartieri e dall'università. Questo è stato un anno molto intenso in città. Il Laboratorio occupato Morion ed il cantiere di Rebiennale insieme ad Anomalie urbane/IUAV hanno messo in pratica la riqualificazione urbana attraverso l'autorecupero dei materiali della Biennale. Un intervento volto alla residenzialità ed al turismo sociale come forme dell'abitare nel rispetto delle risorse energetiche e ambientali e del territorio, beni comuni. Questa esperienza connessa ai cicli di formazione e ad una produzione culturale riconosciuta a livello internazionale ed europeo parteciperà alla costruzione di Global Beach grazie al contributo del collettivo Exyzt ed al percorso di Planet Kurdistan sia nella Biennale d'arte contemporanea 2009 che alla Mostra internazionale del Cinema.
I lavori di autorecupero della spiaggia a San Nicolò Lido di Venezia sono iniziati nel 2004; dopo anni di abbandono, la spiaggia un tempo in concessione alla polizia ed attualmente di proprietà demaniale, è diventata uno spazio di incontro, di scambio e di confronto che appartiene alla città ed a tutti coloro che visitano Venezia in occasione della Mostra del Cinema. Questa zona di valore naturalistico è invasa dal cantiere di una grande opera, il Mose, ed assediato dall'industria balneare. Solo grazie alla sperimentazione ecosociale che ha permesso l'uso comune della spiaggia, nel 2005 si sono svolti i lavori di bonifica che l'hanno liberata dalle strutture in amianto.
I luoghi di accoglienza e le strutture che ospitano gli incontri, gli eventi musicali, artistici e le proiezioni di Global Beach 2009 sono realizzati e costruiti dal Sale-docks, Laboratorio Morion e dal Rivolta.

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LA CITTÀ, LA CRISI, IL COMUNE



«L'emergenza abitativa rischia di affondare Venezia»


Per mettere freno alla corsa impazzita del mattone l'Asc propone progetti di edilizia residenziale
Se l'esodo della popolazione è un grave problema per Venezia, l'emergenza più acuta, più ancora dell'invasione turistica e del moto ondoso, del degrado ambientale provocato da un secolo di devastazione della laguna e aggravato ulteriormente dalla grande opera Mose, è il problema della casa. I costi delle abitazioni sono diventati insostenibili per i residenti, gli sfratti si sono moltiplicati mentre tante case diventano locande e bed&breakfast. Negli ultimi anni, secondo l'Osservatorio Casa del Comune qualche migliaio di appartamenti del centro storico sono stati trasformati in alloggi per turisti. E ogni anno partono migliaia di nuove domande di cittadini veneziani che chiedono una casa pubblica. Ad accrescere le difficoltà di chi vive a Venezia, si aggiunge il degrado annunciato delle abitazioni con alti costi di manutenzione di case vecchie e malandate con problemi dovuti all'umidità.
Questa emergenza è stata affrontata dall'ASC che dopo una sperimentazione di autorecupero delle case occupate e degli spazi cittadini nel centro storico (riconosciuta a livello internazionale e dalla facoltà architettura attraverso il progetto Rebiennale) ha messo in cantiere e proposto un progetto pilota alla città e agli enti di gestione dell'edilizia residenziale, ATER. La realtà in cui si muove l'ASC con i cantieri sociali è un territorio oggetto di investimenti che privilegiano un elevato tasso di incremento in tempi brevi. Venezia sta subendo in pieno la crisi. Non si risponde ai bisogni degli abitanti e alle necessità di innovare e trasformare l'economia del turismo e della produzione artistica e culturale a cui il turismo in questa città è legato e questo diventa un meccanismo che distrugge le città e che porta all'abbandono, che rende gli spazi urbani prodotti standard dove si concentrano gli affari del turismo, un grande centro commerciale dove vendere prodotti culturali per tutti i gusti, dalla boutique grandi firme alla multinazionali del fast food, dalla bancarelle di paccottiglie made in Taiwan alla mostra d'arte contemporanea promossa dalla holding finanziaria di Pinault a Punta della Dogana.
La città diventata prodotto finanziario è stata espropriata ai suoi abitanti, ai cittadini, al patrimonio pubblico che si sta consumando senza prospettive mentre le sue infrastrutture e le sue reti sociali sono vitali per le imprese e per il mercato. Global Beach, nata e proposta dalle realtà cittadine, è anche un occasione per ragionare sull'economia del turismo che integri la questione della sostenibilità ambientale ed energetica e delle risorse, che valorizzi la coesistenza sociale, che affronti i costi della mobilità e dei mezzi pubblici con l'innovazione invece della messa in saldo dei prodotti nella città-vetrina e dei grandi cantieri che devastano il tessuto urbano.
*Cantieri sociali di autorecupero e autocostruzione

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giovedì 14 maggio 2009

ANOMALIE URBANE - EMERGENZA CASA






ANOMALIE URBANE…Make Worlds before buildings

Venerdi 15 Maggio 2009

EMERGENZA CASA, ore 10.00, Cotonificio, aula M1 - IUAV Venezia

La questione abitativa è oggi un’emergenza strutturale nella città e nella pianificazione del territorio.
In Europa oggi, vivono 18 milioni di persone mal alloggiate e 3 milioni sono le persone letteralmente senza fissa dimora.
Tutto ciò è aggravato ulteriormente dalla crisi tutt’ora in corso, con conseguenze non immediatamente percepibili ma da cui non vi è possibilità di un’uscita a breve termine, viste le politiche atte a conservare lo stato e i poteri attuali applicate dai vari governi.
Le prospettive, sono quelle di precarizzazione e di indebitamento, di prestiti e mutui bancari, di statalizzazione e salvataggio di istituti di credito ed assicurativi, di espropriazione del Bios tipica dei meccanismi del capitalismo post-fordista o appunto biocapitalismo.
Ed è la casa che rappresenta la parte piu consistente del debito delle famiglie italiane ad essere al centro della crisi, e per questo è stata individuata dall’Onda, e prima dai movimenti, come campo di azione e rivendicazione, di diritti e di welfare autonomo, di reddito diretto ed indiretto.
Essa è ora un’emergenza anche per il ceto medio italiano, schiacciato tra la crescita dei prezzi di mercato e uno Stato assenteista in materia di politiche abitative, ma sempre pronto a fomentare politiche edilizie atte ad incrementare i profitti del mercato immobiliare.
Azioni che hanno portato a uno sfruttamento intensivo del territorio, attraverso meccanismi di valorizzazione finanziaria dello stesso, e di espropriazione della città e dei suoi abitanti.
Dagli anni 90 in poi il pensiero del Potere è stato quelo significamente espresso dalla affermazione “…ci penserà il mercato”, che è culminata in Italia con la legge 431/98 fatta da un governo di centro-sinistra e che ha abolito l’equo canone, lasciando spazio alla speculazione, e portando a un innalzamento dei prezzi.
Ed oggi la nuova proposta di legge in merito prevede in sintesi la possibilità di ampliare tutti gli edifici per una cubatura del 20%, mentre, per quelli realizzati prima del 1989, si prevede la possibilità di abbatterli e ricostruirli con un aumento della cubatura del 30% , del 35% se realizzati con techine di bioedilizia, termine usato a sproposito, vista la tendenza alla cementificazione.
La Governance quindi non si muove nella direzione del “comune”, anzi attraverso il Piano Casa, finanzia costruttori e palazzinari non rispondendo alle reali esigenze della cittadinanza.
Invece di completare programmi di edilizia residenziale pubblica già avviati, in modo da dare risposte il prima possibile a sfrattati e senza casa propone nuove costruzioni e una gestione privata del patrimonio pubblico attraverso un processo di aziendalizzazione degli enti.
La percentuale dei contratti di locazione ad affitto sociale, risposta reale al problema dell’abitare e ai mutamenti sociali oggi in corso, è la piu bassa d’Europa, (il 4%), dato imbarazzante se confrontato con quelli di Olanda (36 %) o Gran Bretagna (21%)
L’Italia è per altro oggi l’unico paese dell’Unione Europea insieme alla Grecia a non garantire nemmeno un reddito di base e quindi incapace di concepire nuove forme di accesso al credito che vadano oltre gli ammortizzatori sociali.
Tutto avviene quindi con la benedizione di quello Stato, si pubblico ma la cui proprietà è assente e non agisce in funzione di quel Comune che la cooperazione sociale invece costruisce.
Cooperazione sociale che è invece un dato insito nelle nuove forme dell’abitare come la coabitazione o le occupazioni, sia che esse nascano da necessità o da una scelta consapevole, e che si stanno diffondendo come pratica in tutta Europa, da parte di quei soggetti che articolano la nuova domanda abitativa quali studenti, precari, migranti, giovani coppie, single.

Interverranno:

dalle ore 10.00 Andrea Branzi Marino Folin.
dalle ore 14.30 Giovanni Caudo ASC Onda

mercoledì 18 marzo 2009

L'Onda ha trovato casa!

L’Onda ha trovato casa!
Venezia - Mercoledì 18 marzo 2009

Oggi un gruppo di studenti dell’ Onda si è auto-assegnato un appartamento.Non si tratta di un appartamento qualunque, ma di una casa di proprietà di Ca’ Foscari… UNA CASA LASCIATA VUOTA DA ANNI!Come studenti dell’ Onda vogliamo affermare che quest’ iniziativa ha un duplice scopo: il primo è quello di CONCRETIZZARE LO SCIOPERO ,mettendo in atto forme di lotta che segnalino i problemi su cui agire direttamente all’interno della nostra università e città ,non delegando alla classe politica ed ai sindacati la tutela della nostra quotidianità e del nostro futuro,ma facendo sentire forte e chiara la nostra voce ; il secondo è quello di tornare a porre il problema del reddito e della sua riappropriazione come pratica dentro e contro LA CRISI .A Venezia , più che altrove, la questione reddito si lega a quella della residenzialità studentesca. Un problema che riguarda un mercato privato fatto per la maggior parte di prezzi insostenibili e affitti “in nero” , ma non solo. Anche l’ ESU (l’azienda regionale che dovrebbe occuparsi di alloggi per studenti in quanto GARANTE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO) non è all’ altezza del compito.Non lo è poiché il suo CdA risulta formato da rappresentanti degli studenti stipendiati ed esponenti della classe politica regionale totalmente ignari e incuranti dei problemi della residenzialità studentesca e scelti all unico scopo di fornirsi un lauto stipendio fatto di soldi pubblici. Non lo è poiché a fronte di una popolazione studentesca di oltre 30.000 persone l’ ESU mette a disposizione SOLAMENTE 391 posti letto. Non lo è ,infine, perchè cancella i 5000mq di una casa dello studente come la DOMUS SOCCORSO (restaurata con 2.324.056,05 euro di fondi pubblici) e successivamente affida all’ immobiliare del lusso “ Venice Reale Estate Srl “ che trasforma in 28 favolosi appartamenti in vendita a privati danarosi quella che doveva essere una grande risorsa per noi studenti!
La nostra auto-assegnazione odierna vuole dunque aprire una vera e propria campagna di riappropriazione del reddito attraverso la casa e impegnare le nostre università su un terreno di trasparenza rispetto il loro patrimonio immobiliare che può e deve essere messo a disposizione degli studenti attraverso politiche urgenti in tema di residenzialità.L’ urgenza di queste non riguarda solo la necessità di “avere un tetto sopra la testa” , ma anche la possibilità di frenare l’ espulsione di studenti fuori sede ,processo che contribuisce all’ impoverimento sociale di questa città.
L’ ONDA APRE LO SPORTELLO CERCA CASA: hai problemi con la casa, l’affitto , i contratti? Scrivici a : casainonda@gmail.com

sabato 6 dicembre 2008

L’ultima frontiera degli squatter. L’Agenzia sociale per la casa

Dai centri sociali Rivolta e Morion la battaglia per l’accesso alle abitazioni dell’Ater. E nasce una COOP d’acquisto

ASC, Agenzia Sociale per la Casa, è una realtà di movimento che nasce a Venezia nel 1998, dando vita ad una campagna di occupazioni di case Ater sfitte da anni. Già nella scelta del nome, “agenzia”, si può cogliere la grande spinta degli attivisti a superare già da allora il vecchio percorso, ormai in declino, dei comitati per il diritto alla casa, proponendo invece un approccio totalmente diverso. ASC, già con la prima di una lunga serie di occupazioni, oltre cento, chiariva che “la lotta e la pratica dell’occupazione di alloggi, ha come obiettivo quello di dare voce ad una nuova composizione sociale, giovani precari, intermittenti del lavoro, che rivendicano la casa come parte di quel reddito di cittadinanza che non gli è né corrisposto né riconosciuto, nonostante il loro essere pienamente dentro le nuove forme di produzione e organizzazione del lavoro.”. Al centro delle attività dell’Agenzia, che ha come riferimento i centri sociali Rivolta di PortoMarghera e Morion della città lagunare, vi è anche la critica al concetto stesso di “pubblico”, inteso come bene che appartiene allo Stato ed è concesso al cittadino. ASC rivendica da sempre il passaggio delle case pubbliche del territorio, gestite da Ater che è una agenzia della Regione, al totale controllo e gestione da parte del comune. Il “pubblico – dicono gli attivisti – in realtà spesso è una sottrazione da parte dello Stato all’uso e al recupero, in chiave solidale e comune, di beni che potrebbero migliorare la qualità della vita di molti, e quindi dell’intera città”. Ci sono due forme di privatizzazione secondo gli occupanti, una è quella del mercato e una quella dello Stato: ambedue rispondono a criteri che nulla hanno a che vedere con i diritti sociali. In dieci anni di attività ASC ha dovuto subire anche un lungo processo per associazione a delinquere, istruito dalla Procura per tentare di criminalizzare questo percorso. Ma il mancato rinvio a giudizio deciso dal tribunale ha prosciolto i cinquanta indagati da ogni accusa. L’ultima battaglia in ordine di tempo è quella relativa all’accesso al credito. “Ci ripetono sempre che ormai l’80% dei cittadini è proprietario di casa – dicono dall’ASC – ma in realtà lo sono le banche presso le quali la gente chiede il mutuo per potersela pagare. E questo è il nuovo, drammatico problema di chi non ha nemmeno le buste paga, o ha un modello unico troppo magro a causa della precarietà”. Le case pubbliche vengono messe all’asta periodicamente dall’Ater, ed è proprio a partire da questo, e dal problema dell’accesso al credito, che ASC ha conquistato una delibera della giunta veneziana assolutamente innovativa: tutti i cittadini residenti potranno stipulare un mutuo per l’acquisto della prima casa dal patrimonio pubblico messo in vendita, avendo il comune come garante. Il mutuo, al tasso del 3.5%, sarà interamente garantito, comprese le spese di ristrutturazione, per vent’anni. L’amministrazione di Cacciari ha investito 25 milioni di euro in questa operazione, che risponde proprio a uno dei grandi problemi di questa epoca. Gli occupanti dell’ASC in terraferma hanno costituito una cooperativa d’acquisto, mentre per Venezia centro storico, dove le case non le vendono, stanno approntando un progetti di autorecupero. Attualmente le occupazioni dell’ASC coinvolgono circa cinquanta nuclei famigliari.

venerdì 5 dicembre 2008

Autorecupero veneziano

Venezia. Metti l’argilla di Frank Gehry, e metti pure il prato verde del padiglione sud africano. Aggiungi le gomme del padiglione olandese, la struttura in legno di Stalker. In una parola, Re-Biennale, ovvero come recuperare i materiali della Biennale architettura per dare loro nuova vita in contesti anche totalmente diversi. “Commons Beyond Buildings” è la piattaforma creata da una rete di associazioni per condividere metodi, processi e competenze legate all’autocostruzione,”per descrivere ciò che il progetto d’architettura non è in grado di raccontare e che il potere stenta a capire: l’insorgere dal basso dell’abitare come pratica del fare comune”.


La piattaforma è nata in occasione della 11. Mostra Internazionale di Architettura a Venezia grazie alla sinergia tra i curatori ed architetti partecipanti alle mostre Experimental Architecture (Padiglione Italia, Giardini) e L’Italia cerca casa (Padiglione Italiano, Arsenale) e varie realtà associative impegnate nella sperimentazione dell’autorecupero e dell’autocostruzione come soluzioni innovative all’emergenza casa. A Venezia questa sperimentazione è realizzata da Asc, Agenzia Sociale per la casa che, con l’autoproduzione, a cui ciascuno ha contribuito con le proprie competenze, materiali e ‘immateriali’, ha permesso in un primo tempo di recuperare unità abitative nei quartieri di edilizia sociale e successivamente di optare per una ‘riconversione’ culturale e produttiva di aree abbandonate, dai giardini e gli orti agli edifici, dai campi o cortili alla spiaggia-presidio a ridosso dei cantieri del MoSe.

Questo ha permesso di utilizzare meglio le risorse della città ed ha creato i presupposti per un progetto ergonomico che prospetta soluzioni nel rispetto dell’eco-sistema sociale e dell’habitat territoriale sfruttando il social networks già disponibile. Esiste quindi una prima mappatura di luoghi che ambirebbero ad una dimensione comune, luoghi disponibili ad un percorso progettuale e di cantiere-scuola condivisi. L’obiettivo è quello di invertire la tendenza del progetto di architettura e, partendo dai materiali di recupero, attraverso un meccanismo virtuoso in cui entrano in gioco cittadini, studenti, istituzioni (Iuav e Biennale), gruppi di artisti ed architetti internazionali, con-correre al processo di rigenerazione di uno o più spazi urbani individuati.


In queste settimane alcuni studenti dello Iuav hanno potuto sperimentare sul campo, grazie agli architetti e agli attivisti che hanno dato vita al workshop Re-Biennale, che cosa significhi ‘mappare’ i materiali, pensare il loro smontaggio e soprattutto il loro riutilizzo. Suggestive le azioni proposte dallo studio olandese 2012Architecten che promuove una nuova prassi in architettura. “Il progetto – come ha spiegato Marco Zaccara – non è considerato l’inizio di un processo lineare che si conclude con la consegna dell’edificio, bensì soltanto una fase di un ciclo continuo di creazione e ricreazione, e di uso e riuso dei materiali”. Un processo influenzato dall’intento di ridurre al minimo l’impatto ambientale delle costruzioni, ma anche dallo stimolo creativo ispirato dai materiali recupero stessi. “Superuse – ha spiegato Zaccara – costituisce una parte importante di questa strategia progettuale. Le caratteristiche intrinseche dei prodotti e dei materiali di riuso, offrono un potenziale valore aggiunto alla composizione di nuovi prodotti o di nuovi edifici”. Nel mettere a frutto questa strategia 2012Architecten sviluppa vari strumenti in un ambiente open source: ogni progetto ha una “Harvest- map”, una mappatura nella quale vengono annotate le collocazioni dei materiali nelle immediate vicinanze. Ogni materiale viene schedato e viene organizzato in un database che misura l’impatto ambientale dell’utilizzo di materiali e dei vari componenti. 2012 ha realizzato diversi progetti in Olanda. Tra questi un parco giochi a Rotterdam riutilizzando le pale dei mulini a vento. “E’ stata una bella avventura - ha detto Zaccara – progettare e pensare passo dopo passo questo parco, assieme al quartiere che ne avrebbe poi usufruito”.


I materiali che in questi giorno sono stati ‘mappati’ alla Biennale verranno trasportati (acqua alta permettendo, lunedì la marea ha raggiunto il metro e sessanta!) al centro sociale Morion nel quartiere di Castello e qui gli studenti del workshop apriranno un vero e proprio cantiere di lavoro.


Partecipando a uno dei seminari organizzati all’interno del workshop, la filosofa Judith Revel ha riportato la discussione su una delle questioni più dibattute in questo momento, il concetto di comune. Inteso non come pubblico o istituzione ma come bene comune. “Il tema della casa – ha detto Revel – è stato reso più acuto ancora dalla crisi recente da cui non si può esulare. Cosa significa parlare di Biennale o passare sul ponte di Calatrava quando un sondaggio recente in Francia dice che il 62% della popolazione attiva con regolare contratto di lavoro ha come prima paura quella di finire senza casa. O quando negli ultimi due giorni ci sono 3 morti di freddo nel raggio di duecento metri quadri. Il 29% dei senza fissa dimora parigini ha un regolare contratto di lavoro”. Anche sul concetto di casa è necessaria una riflessione. A partire, per esempio, dalla casa autorecuperata nel quartiere di Castello. Una casa non solo esteticamente bellissima, ma un modello di come è possibile recuperare e utilizzare materiali naturali e riciclati. E farlo coinvolgendo anche il territorio. “Quindi pensare la casa – ha detto ancora Revel – come qualcosa di più ampio, rapporto con il vicinato, con il territorio, con i flussi, e quindi ridefinire anche il rapporto con il locale”. Revel ha sottolineato come “la zona universitaria è zona di flusso permanente in cui paradossalmente nessuno si ferma. Uno studente non si ferma, calcola al minuto i suoi tempi di permanenza in città. Un attraversamento dello spazio che significa porre subito il problema dei blocchi nello spazio, dove la fluidità dello spazio viene fermata, dove viene imposta una fluidità per impedire alla gente di fermarsi”.
Da questo ragionamento discende naturalmente il problema delle definizioni, o meglio ridefinizioni. Di spazio privato e spazio pubblico, per cominciare.

E anche qui Revel è stata puntuale. “Privato – ha detto – è ciò che appartiene a uno, dove proprietà significa anche una espropriazione di tutti gli altri. Il pubblico è allora ciò che è di tutti perché non è di nessuno, è dello stato. Quella cosa lì, che ha funzionato storicamente, a me oggi pone problema. Perché – ha aggiunto – non si tratta di strappare al privato qualcosa per dire non è di nessuno, quindi è di tutti. Quel non è di nessuno come condizione di apertura al tutti mi crea un problema. I non luoghi sono proprio questo, non sono di nessuno. La mano della stato è una vera e propria privatizzazione, ti dico se puoi entrare o meno”. E ancora privato e pubblico da ridefinire rispetto al tempo. Ormai la produzione non è più il tempo di lavoro. “Chi si ferma quando il tempo di lavoro è finito? – si è chiesta Revel – Ormai invade tutta la vita.

E in fondo è anche il bello di questo. In questo workshop stiamo producendo, e non è né privato né pubblico, è comune. Bisogna riarticolare allora in modo inedito le coppie storiche, invisibile-visibile, dentro-fuori. In una città come Venezia dove l’acqua e la terra giocano a nascondino. E’ necessaria una inchiesta, una mappatura di materiali e di soggettività e soggettività in movimento”.
Re-Biennale riparte dal trasporto dei materiali recuperati: questa settimana verranno trasportati al Morion dove aprirà il cantiere. Un cantiere in cui quegli stessi materiali riprenderanno vita.

Vedi anche:
La presentazione del progetto re-biennale con l’architetto Andrea Facchi [ audio ]
Re-Biennale a Venezia di Orsola Casagrande 04.11.08